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Adelfia saluta San Trifone, violate norme di sicurezza e buonsenso. Paga il Comune: esulta solo il Comitato Feste

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L’ultima edizione della festa di San Trifone è stato un attentato scellerato alla sicurezza pubblica, oltre a porre per il sedicesimo anno dubbi inquietanti sulla gestione economica dell’evento. Ma andiamo per gradi. Durante i tre giorni di invasione senza criterio, non sono mancati momenti di tensione e situazioni di grande pericolo. Non parliamo di eventi eccezionali, ma delle conseguenze dovute alla mancanza di controlli delle istituzioni prima sull’attività del Comitato, poi su quanto successo per le vie del paese. Molti dei disagi partono da una prassi abbastanza insolita.

Ad Adelfia non è il Comune a fornire le autorizzazioni agli ambulanti, facendo a monte le verifiche e incassando quindi i soldi dell’occupazione del suolo pubblico. Il beneficiario di quell’obolo è unicamente il Comitato Feste San Trifone. La prassi è regolamentata dalla delibera di Giunta per l’istituzione del Parco Protetto, ente incaricato di gestire le feste di San Trifone e della Madonna della Pietà. Il punto, su cui appare necessario l’intervento della Corte dei Conti, sta nella durata del Parco. La delibera è la 28 del 6 giugno 2001. Viene sancita: “L’Approvazione, in via sperimentale per la durata di un anno, del Regolamento disciplinante per l’istituzione e la gestione del Parco Protetto Feste Patronali S. Trifone e Maria SS. Della Pietà, composto da n.10 articoli, dal n.1 al n.10, che allegato sotto la lettera “B” costituisce parte sostanziale ed integrante del presente provvedimento”. Ad Adelfia l’esperimento, mai prorogato, dura ormai da 17 anni con un cospicuo, seppure presunto, danno erariale.

Mettiamo il caso che ogni ambulante dei circa 1.000 che affollano la festa, paghino quanto i colleghi presenti nelle altre occasioni: c’è da moltiplicare 15 euro per 1.000 e poi moltiplicarlo ulteriormente per 17, il numero di anni di presunti incassi non dovuti, fa 255.000,00 euro. Tutti sanno, però, che essendo un obolo e non una tassa, in tanti pagano più di quei 15 euro. Anche quest’anno, dunque, è andata in scena la regola del maggior incasso possibile, evidentemente non animata dal rispetto del buonsenso o meglio ancora delle più elementari norme di sicurezza.

Fino alla data della istituzione sperimentale del Parco, che prevede pure il coinvolgimento inesistente della Polizia Locale, come succede oggi in altri paesi limitrofi, era il Comune ad incassare i soldi dell’occupazione, facendo preliminarmente il controllo delle licenze e rilasciando le autorizzazioni. Ad Adelfia, invece, non solo i soldi vanno al Comitato, ma il Comune – e quindi tutti i cittadini – oltre a dare un proprio contributo, paga gli straordinari alla Polizia Locale, la pulizia, gli uomini della sicurezza supplementare e tutte le altre incombenze. Solo per l’installazione degli inutili new jersey – tema su cui torneremo – bisognerà prelevare più di 10.000,00 dalle casse pubbliche. E allora quanto ha incassato dall’occupazione selvaggia delle strade di Adelfia il Comitato Feste e come sono stati impiegati quei soldi oltre che per rendere più sfarzosa e pericolosa la festa? Il paradosso della tre giorni in onore del santo patrono sta proprio nel fatto che un piano per la sicurezza esiste, ma non è stato affatto applicato, con buona pace del Prefetto e tutti i filistei.

Bancarelle, gazebo e roulotte sistemate ovunque, ostruivano scivoli per disabili, vie di fuga, accessi vari che, senza contare la moltitudine di abusivi in senso stretto, hanno reso impossibile il transito ai mezzi di soccorso. Pure fare una semplice passeggiata è stata un’impresa apocalittica. Lo spazio era talmente insufficiente da far maledire ogni metro passeggini e carrozzine, come se la festa non fosse roba per anziani, disabili e bambini.

Un esempio su tutti. All’alba di sabato mattina, i dissuasori sistemati su via Vittorio Veneto sono stati eliminati per far posto a un venditore ambulante di panini. Un mezzo di grandi dimensioni da piazzare a ridosso del muro, perché senza quell’intervento la vendita non sarebbe stata possibile per via del poco spazio a disposizione per il transito, persino dei pedoni. Anche quell’ambulante ha pagato appena 15 euro? A dare l’ordine della rimozione sarebbe stato lo stesso il Comitato Feste. La cosa grave – fosse accertata – è che a togliere temporaneamente i dissuasori sarebbero stati alcuni dipendenti comunali. Esiste un’ordinanza del Sindaco? Il Comandante della Polizia Locale è intervenuto? Il piano della sicurezza prevedeva un simile provvedimento per la sosta di un paninaro? E se la risposta dovesse essere affermativa, con quale criterio è stato stilato il piano della sicurezza? Tutto va bene, fino a quando qualcuno non si fa male davvero. E a tal proposito torniamo a parlare dei new jersey.

Come previsto dallo stesso piano della sicurezza, la festa è stata “blindata” con le barriere di cemento. Il problema, però, è che non essendo presidiati, dai varchi c’è stato un gran viavai. I mezzi non sono arrivati a tutta velocità, questo è vero, ma aggirato l’ostacolo sono entrati là dove non avrebbero potuto. Per fortuna nessun terrorista si è affacciato ad Adelfia. E che dire della circonvallazione completamente bloccata, così bloccata da rendere impossibile l’attraversamento delle ambulanze. Una strada di grande scorrimento paralizzata perché a San Trifone ci deve essere spazio per cani e porci. Tutto questo per evitare di portare la festa in paese, magari coinvolgendo anche il quartiere di Canneto. Ma questo sarebbe un sacrilegio. Non sia mai mischiare le razze. La cosa assurda è che la circonvallazione viene bloccata proprio per ragioni di sicurezza solo il giorno 10, come se quello successivo non esista lo stesso problema o le giostre vengano spostate altrove. Il sospetto è che sia un modo per consentire il posteggio a centinaia di ambulanti, bloccando impropriamente la strada.

E proprio sulla circonvallazione sabato de ubriachi sono arrivati alle mani, ma l’ambulanza, dopo aver schiacciato qualche piede e rischiato di investire i pellegrini, è stata bloccata costringendo i soccorritori ad andare a piedi. Soccorritori appiedati soprattutto nel paese, nella maggior parte dei casi sempre per via delle bancarelle messe ovunque e quindi del conseguente affollamento. Quest’anno la festa cadeva nel fine settimana. La pacchia. A proposito di mancati incidenti. La domenica mattina, tanto per citare un episodio vissuto in prima persona, le auto potevano transitare normalmente in mezzo alle giostre, posizionate fuori dalle porte d’ingresso di garage e abitazioni. Mio figlio è stato uno dei bambini che ha rischiato grosso. In quella zona, tanto per aggravare la questione, non c’era nessuno a regolare il traffico. Sistemare le giostre nell’area pubblica nei pressi del ponte tra i due rioni o in qualsiasi altro posto più sensato avrebbe potuto risolvere quest’altro problema, ma poi si sarebbe corso il rischio di rovinare le tradizioni.

L’abusivismo a quanto pare sarebbe stato anche legalizzato alla carlona nei pressi del campo sportivo del paese e negli altri punti di raccolta degli autobus. Dicendo di essere stati inviati dal Comitato Feste, infatti, alcune persone con addosso un gilet catarifrangente, avrebbero chiesto agli autisti dei pullman 20 euro per il parcheggio. Tutto alla luce del sole, fino a quando qualcuno non ha alzato la voce e gli “abusivi” sono stati costretti a sloggiare. E vissero tutti felici e contenti. Cosa sarebbe successo se l’autista di un autobus avesse sporto regolare denuncia per estorsione?

E veniamo alla conclusione di queste assurdità, esprimendo la nostra solidarietà al neo agente forestiero della Polizia Locale, lasciato da solo a presidiare l’area dopo il salvataggio del bambino di tre mesi da parte di un addetto al controllo, uno di quelli della ditta esterna pagata dal Comune e non dal Comitato. L’agente è apparso visibilmente frastornato, tanto da non sapere indicare dove si trovasse quando ha chiesto il supporto dei colleghi. Peccato che il comandante della Polizia Locale di Adelfia, particolarmente dispiaciuto per non aver scritto sul nostro articolo del suo fondamentale intervento in occasione del salvataggio del piccolo, si sia allontanato poco prima alcune persone arrivassero alle mani. Non fosse andato via – certamente per altre incombenze – avrebbe potuto notare come chiunque altro la pericolosa disposizione delle bancarelle in quella zona. A lui chiediamo quante sanzioni siano state elevate dalla Polizia Locale in occasione della festa, durante la quale è stata messa a repentaglio l’incolumità di decine di migliaia di persone. Nel caso non fossero in numero sufficiente in virtù degli evidenti abusi sotto gli occhi di tutti, sarebbe altrettanto interessante conoscere le ragioni per cui si è scelto di far regnare il caos.

In occasione della notizia data venerdì, quella del sequestro delle tre bombe fuorilegge, con multa e denuncia al titolare dell’azienda di fuochi pirotecnici, siamo stati accusati di non voler bene al paese e a San Trifone, di aver rovinato un’impresa avendone citato il nome. Siamo convinti che il nostro amore per Adelfia e tutte le persone che hanno visitato il paese nei giorni del santo patrono sia totale e disinteressato, al contrario di chi ha contribuito a mettere in scena la vergognosa commedia a cui abbiamo assistito, per fortuna non da soli.

Non resta che capire cosa l’Amministrazione comunale guidata da Giuseppe Cosola, che fino all’ultimo momento prima della festa sarebbe stato impegnato in un braccio di ferro con il presidente del Comitato, intenda fare per riportare nell’alveo della legittimità l’organizzazione della Festa di San Trifone, una delle più importanti di tutto il Mezzogiorno.

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Adelfia, festa di San Trifone pericolosa e fuorilegge. Tace il Comitato. Il Sindaco: “Pronti a intervenire”

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La nostra impietosa sintesi sui festeggiamenti in onore di San Trifone ha avuto l’effetto dirompente del più fragoroso fuoco d’artificio. Adelfia è divisa tra chi ci etichetta come traditori del santo patrono e chi, invece, plaude all’approfondimento auspicando in un intervento da parte dell’Amministrazione. Il Comitato Feste ha deciso di non rispondere ai nostri quesiti, almeno per il momento.

A farsi avanti è il sindaco di Adelfia, Giuseppe Cosola. “Prendiamo atto con responsabilità di quanto letto nell’articolo pubblica da bari.ilquotidianoitaliano.com – spiega il primo cittadino -. La questione relativa ai Parchi protetti era già stata sollevata ai Comitati feste, compreso quello che gestisce la festa di San Trifone”.

Il problema esiste ed è assolutamente reale. “La cosa era saltata all’occhio fin dal momento del mio insediamento – continua Cosola -. Adesso è impegno dell’Amministrazione cominciare a intervenire in maniera radicale già a cominciare dalle prossime settimane, in modo da non arrivare impreparati ai prossimi festeggiamenti. Bisogna riportare tutto nell’alveo della legalità, non solo dal punto di vista economico”.

Quella dei limiti imposti dalla legge per lo svolgimento di feste e sagre, resta una questione strategica per il futuro di molte manifestazioni. “San Trifone è una festa molto importante per l’intera comunità – conclude il Sindaco di Adelfia – il rischio come per tante altre realtà è quello di avere ripercussioni negative, persino la compromissione della festa stessa. Bisogna trovare il giusto compromesso per non limitare i festeggiamenti, comunque nel pieno rispetto della legge”.

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Asl Bari, ospedali e distretti sporchi. Pioggia di reclami alla Sanitaservice: “Manca materiale per la pulizia rischio igienico”

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L’amministratore della Sanitaservice Asl Bari, Fabrizio D’Addario, prova a sviare l’opinione pubblica, ma cade rovinosamente sotto una pioggia di reclami. Il professore finisce al suolo malamente, nonostante alcuni sindacati gli abbiamo offerto un ampio ombrello sotto cui ripararsi.

La metafora bagnata aiuta a comprendere meglio il polverone sollevato dal nostro articolo, con la raccolta delle denunce di alcuni dipendenti: “Ospedali e poliambulatori sono sporchi perché Sanitaservice non fornisce prodotti per la sanificazione e materiali a sufficienza”. Delirio. Il caso, portato alla ribalta su Rai1, è diventato nazionale.

All’indomani dell’uscita del video, l’amministratore D’Addario aveva scritto una lettera ai suoi dipendenti (allegato 1). Parlava di strumentalizzazioni, di falsità delle accuse, puntava il dito contro i furti compiuti da alcuni operai, ma il tardo pomeriggio del giovedì successivo ordinava prodotti per un valore complessivo di 16mila euro (iva esclusa). Quindi la denuncia era reale. L’ordine ha dell’incredibile. D’Addario paga 8mila euro alla “3MC” e altri 8mila euro alla “Virtù” per i mesi di novembre e dicembre. Una cifra risibile se si considera che Sanitaservice si occupa delle pulizie in 43 strutture, alcune delle quali molto grandi come il Di Venere, il San Paolo, l’ospedale di Monopoli, Corato, Terlizzi, Molfetta e poi in molti ex ospedali come quelli di Grumo, Conversano, Toritto, tanto per citare qualche esempio.

Basti pensare che l’Oncologico di Bari, per esempio, spende da solo ogni mese più o meno quanto investito dall’intera Sanitaservice. C’è qualcosa che non quadra. Subito dopo la lettera di D’Addario, in cui invitava i dipendenti a denunciare eventuali anomalie ai loro superiori, che avrebbero poi fatto relazioni a lui stesso, almeno quattro sigle sindacali (allegati 2,3) facevano quadrato attorno all’amministratore, facendo sentire al professore la propria vicinanza nelle note diffuse a mezzo stampa.

A quel punto, però, è successo ciò che non ci saremmo mai aspettati. In redazione ha ricominciato a piovere copiosamente: lettere di sollecito scritte dal direttore sanitario della Asl di Bari, Silvana Fornelli, a luglio scorso (allegato 4) e poi le email inviate da alcuni capi area della Asl e della stessa Sanitaservice (allegati 5,6,7), tutte datate tra settembre e ottobre scorso. Il problema della scarsa igiene, con buona pace dei sindacati e di D’Addario, al quale la cosa non sembra interessare più di tanto, è assolutamente stringente.

“Si informa la signoria vostra che il prodotto per il lavaggio dei mop in lavatrice è quasi terminato, pertanto vogliate provvedere all’ordine consegnato settimana scorsa con estrema urgenza. È rimasto prodotto per poter lavorare ancora 2 massimo tre giorni”, scrive un capo area. In un’altra mail si aggiunge che “Il materiale arrivato al Presidio Ospedaliero San paolo in data 01 ottobre non corrisponde a ordine da me richiesto che già era stato effettuato in modo ristretto come da voi richiesto”.

D’Addario avrebbe quindi chiesto ufficialmente di stringere la cinghia sul materiale impiegato per la pulizia, pur essendo paradossale in quanto la Sanitaservice è di fatto una società di pulizie. Si tira la cinghia sulle spese per la missione principale della società e invece si continua a concedere straordinari, ferie e il necessario per tenere a bada tutti.

Da Conversano qualcuno sottolinea quanto da noi denunciato senza mezzi termini. Lo fa il 15 ottobre scorso con una lettera alla Asl. “Considerata la situazione di emergenza e rischio igienico sanitario presso gli ambulatori e gli uffici del PTA di Conversano, determinata dalla mancanza di ausili per la pulizia e lo smaltimento dei rifiuti urbani utilizzati dal personale della Sanitaservice nello svolgimento della propria attività, si inoltra in allegato la comunicazione già inviata all’amministratore unico Sanitaservice alla quale non è stato dato riscontro”. Nella nota si legge che: “allo stato attuale ci risultano essere terminati i presidi di pulizia e forniture varie del magazzino di Sanitaservice. In particolare gli operatori (proprio come avevano segnalato al nostro microfono ndr.) sono sprovvisti di sacchi per la raccolta dei rifiuti che si stanno pertanto via via accumulando”. La conclusione della missiva? “Tanto ai fini dei provvedimenti che saranno ritenuti più opportuni”.

Peccato che, per ora e solo per ora, l’unico provvedimento preso sia l’esigua fornitura di materiale fatta da D’Addario, che tra l’altro non tiene conto del lungo periodo delle feste natalizie. Non vogliamo credere che il professore possa snaturare la mission stessa della Sanitaservice solo per via della sua dichiarata volontà, di voler allestire una lista civica per la riconferma di Michele Emiliano alla carica di presidente della Regione Puglia. Non possiamo crederci perché l’uno e l’altro sanno ben distinguere la neonata amicizia politica, essendo D’Addario ex uomo del centrodestra, dai loro compiti istituzionali.

 

 

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Asl Bari, ospedali e distretti sporchi. Fials a Sanitaservice: “Mancano detersivi. Turni di lavoro organizzati male”

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La carenza di forniture ai propri operatori per le pulizie negli ospedali in cui opera la Sanitaservice Asl Ba srl è ormai un caso. Il nostro servizio, con tanto di intervista camuffata agli stessi addetti, è finito su Rai1, l’amministratore unico della società inhouse della Regione Puglia Fabrizio D’Addario, creata ad hoc, ha tentato di respingere le accuse mosse, con alcuni sindacati a fare quadrato intorno a lui, mentre diversi dirigenti dell’Azienda Sanitaria Locale, sebbene non direttamente a noi, hanno confermato la mancanza di detersivi e quant’altro.

In aggiunta a tutto questo, la Fials avanza un’altra preoccupante osservazione: il lavoro è organizzato male, con turni di pulizia che non riflettono le reali esigenze igieniche delle singole strutture, questa la sintesi di quanto espresso dal sindacato in una lettera inviata a Sanitaservice Asl BA, al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e al direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale, Antonio Sanguedolce.

“Le criticità – scrive tra le altre cose la Fials per voce di Giovanni Mastrolonardo – non sono determinate solo dall’insufficiente fornitura di materiali, ma anche per gravi falle nell’organizzazione del lavoro e nella distribuzione del personale nell’ambito delle strutture sanitarie. La scelta di concentrare le attività di pulizia solo nelle prime ore del turno antimeridiano, determina l’assenza di interventi di pulizia dopo la frequentazione da parte dell’utenza degli ambienti sanitari per tutta la giornata sino al giorno successivo”.

“Le esigenze di pulizia e sanificazione delle diverse strutture sanitarie della ASL BA sono differenti. Ma quelle che necessitano di maggiore attenzione e che purtroppo versano nelle situazioni più critiche – sottolinea la sigla sindacale – sono gli Ospedali ed è appena il caso di segnalare che in un ospedale grande come il San Paolo di Bari nei giorni festivi le pulizie vengono fatte solo nei c.d. spazi comuni, con evidenti lacune e disfunzioni invece nelle aree di degenza”.

“Riteniamo che sia necessario porre fine con immediatezza ai continui trasferimenti di personale in ambito aziendale – aggiunge – sicuramente non finalizzati alla migliore gestione del servizio ma determinati dalla volontà dell’Amministratore Unico di andare incontro ai desiderata di alcuni lavoratori, cosa questa che crea grave malumore tra tutti i dipendenti anche in considerazione del fatto che esiste un accordo sindacale sulla mobilità del personale, che evidentemente l’Amministratore Unico ignora per motivi di propria opportunità”.

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Bari, condizioni igieniche pietose a Urologia II del Policlinico: per pulire il reparto bisogna inginocchiarsi

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Un reparto di eccellenza, come sottolineato dai degenti, ma in condizioni critiche per quanto riguarda la pulizia. Pavimenti sporchi, appiccicosi e pieni di cumuli di polvere. Non solo nei corridoi, ma anche nelle stanze dove ci sono pazienti che hanno subito operazioni e che in verità dovrebbero vivere in ambienti sterili. Questa è la condizione del reparto di Urologia II del Policlinico di Bari.

Siamo andati a vedere con i nostri occhi quanto denunciato dai familiari dei pazienti. In molti, soprattutto medici e infermieri, hanno criticato il nostro arrivo nel tardo pomeriggio, ma abbiamo constato che non si tratta di sporcizia quotidiana, ma di unto che è lì da molto tempo. Come può così tanta polvere e sporcizia accumularsi in poche ore?

“Gli inservienti si limitano a passare per terra un panno igienizzante – denunciano i pazienti – non spostano nemmeno i comodini. Per il letto la pulizia della struttura è di competenza dei familiari del degente”. In alcuni bagni i lavandini sono otturati e per entrarci bisogna tapparsi il naso. Camminando nella zona distributori automatici è facile rimanere appiccicati al pavimento.

Evidentemente al contrario degli inservienti, ci siamo messi in ginocchio e con dell’asciugatutto bagnato da acqua corrente, abbiamo provato a rimuovere sia l’enorme macchia che si trova davanti alle macchinette che il nero delle stanze e corridoi e, grazie all’olio di gomito, siamo riusciti a toglierle facilmente.

Secondo alcune indiscrezioni, più volte il personale avrebbe denunciato le condizioni di scarsa igiene e ci sarebbero state anche comunicazioni ufficiale. La notizia tuttavia non trova ancora conferma. All’indomani della nostra inchiesta della scarsa igiene di ospedali e distretti, abbiamo ricevuto numerose segnalazioni sulla presunta sporcizia trovata in altri reparti degli ospedali baresi. In questo caso, non essendo sacrosanta la denuncia di alcuni dipendenti Sanitaservice, la mancanza di detergenti e materiale è solo una parte del problema perché, come abbiamo dimostrato senza ombra di dubbio, le condizioni igieniche del reparto potrebbero migliorare solo con l’utilizzo di una pezza bagnata con dell’acqua.

Siamo certi che il Direttore generale e sanitario del Policlinico, oltre che il Primario del reparto, sapranno intervenire prontamente per restituire le normali condizioni di igiene e pulizia che l’eccellente personale di Urologia II del Policlinico, oltre che i pazienti, meritano. Non servono prodotti specifici, ma solo un po’ di volontà per far diventare il reparto all’altezza del personale decantato dai degenti e non solo.

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Ospedali sporchi, Cipriani: “Al Policlinico ausiliari fanno gli impiegati. Violata privacy dei pazienti”

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“La distrazione dall’utilizzo del personale di addetti alle pulizie dalle proprie mansioni sta causando carenza di tipo igienico-sanitaria in diversi reparti”. Il viaggio negli ospedali sporchi del Barese fa tappa ancora una volta al Policlinico di Bari, a fare da cicerone questa volta è Luigi Cipriani, battagliero segretario del Gruppo Indipendente Libertà, Gil Sanità.

In una dura nota inviata al Direttore Generale, al Direttore Amministrativo e al Direttore Sanitario Azienda Policlinico Bari, Cipriani mette nero su bianco quella che sarebbe una palese violazione dei contratti firmati dai dipendenti della società creata ah hoc per occuparsi, tra le altre cose, della pulizia negli ospedali: “Detto personale, costituito da circa 20 unità, continua ad essere distratto dalle proprie attività per cui è stato assunto svolgendo improprie mansioni amministrative, mentre nei reparti, come noto, continua a persiste la carenza di personale di addetto alle pulizie”.

Su questo Cipriani ha più volte chiesto chiarimenti, finora senza riscontro: “Chi protegge tali abusi? Perché detto personale non viene impiegato a svolgere le mansioni di pulitori per cui gli stessi sono stati assunti? Le mansioni di accesso ai dati sensibili – sottolinea – spettano unicamente al personale dipendente amministrativo dell’Azienda Policlinico e non certo a figure di Ausiliario/Pulitori quali dipendenti della Sanitaservice”.

Mansioni quali prenotazioni sanitarie, operazioni di accettazione delle ricette sanitarie attraverso il sistema informatico dell’Azienda, e via dicendo, richiedono tra l’altro le credenziali di accesso ai sistemi informatici del Policlinico, oltre che a tutti i dati sensibili dei pazienti, con evidente violazione di tutte le norme in materia. Un fatto che se fosse accertato, sarebbe gravissimo e su cui tutti i vertici del Policlinico dovrebbero essere chiamati a rispondere.

Cipriani è deciso ad andare fino in fondo: “Se entro tempi ragionevoli non si avrà risconto a quanto sopra evidenziato, inoltrerò insieme a tutta la documentazione una denuncia alle autorità”.

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Parentopoli Arif, bufera sul Progetto Maggiore: forti pressioni sul rinnovo dei contratti ai raccomandati

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Progetto Maggiore, uno dei contenitori in cui è più evidente la parentopoli del carrozzone Arif. Ne abbiamo parlato alcuni mesi fa, mettendo in pubblica piazza nomi e parentele dei lavoratori vicini a politici regionali e dirigenti della stessa Agenzia pugliese per le attività irrigue e forestali. Persino il direttore generale dell’ente, Domenico Ragno, non aveva smentito la parentopoli, limitandosi a dichiarare di essere estraneo ai fatti.

In questi giorni la faccenda è tornata alla ribalta e proprio sul direttore dell’ente pubblico ci sarebbero forti pressioni. Ragno, che di contratti di quel progetto ne aveva rinnovati almeno tre, nel momento in cui scoppiò il polverone promise che non avrebbe più provveduto ad ulteriori rinnovi.

Peccato, almeno per gli interessati, perché dovessero invece essere prorogati almeno fino a marzo 2019, come previsto dalla legge Madia, maturerebbero i 36 mesi per ottenere la tanto agognata assunzione diretta dall’Arif. Il contratto, però, scade il prossimo 31 dicembre. Siamo al bivio. La possibilità di portare a compimento il disegno c’è tutta, anche perché la Regione Puglia starebbe per deliberare in favore dell’Arif la proroga del Progetto Maggiore fino a tutto il 2020.

A detta dei ben informati, i guai seri arriveranno al momento della rendicontazione, pur essendo state presentate le fatture di pagamento ai dipendenti emesse dall’agenzia interinale Tempor. Facciamo un po’ di chiarezza. Quei figli, parenti e amici, sono stati assunti dall’ex numero uno dell’Arif, Giuseppe Maria Taurino. Le loro mansioni, infatti, non erano quelle specifiche del Progetto Maggiore e non lo sono mai diventate. Proprio così. Si tratta di assunzioni avvenute senza alcun preavviso, un corso-concorso, un avviso pubblico, un esame concorsuale. Insomma, niente di niente. Erano semplicemente persone che lavoravano all’Arif tramite agenzia interinale, passate poi nel progetto una volta fiutato l’affare.

Arriviamo al dunque. La cosa che lascia sgomenti è l’assoluta mancanza di una qualsiasi delibera dell’ex direttore tecnico e dell’attuale direttore generale che sancisca una volta per tutte le mansioni specifiche di quei prediletti nel Progetto Maggiore. L’altro elemento scandaloso è il fatto che il Responsabile unico di quel progetto sia Antonio Giannini, al quale sono legati ben quattro degli assunti.

La conclusione? C’è gente entrata in quel Progetto senza che la cosa sia mai stata messa per iscritto. Persone che adesso sperano di farla franca con il rinnovo del contratto, unico modo per aspirare all’assunzione diretta nell’Arif. La patata bollente è passata, come detto,  nelle mani del direttore generale Domenico Ragno, visitato in questi giorni da alcuni consiglieri regionali. Riuscirà Ragno a mantenere la promessa, dando ad altri la possibilità di lavorare per il Progetto Maggiore, evitando così le assunzioni a tempo indeterminato di chi non ha alcun diritto specifico rispetto ad altre decine di migliaia di pugliesi? La Regione Puglia, rimasta silente finora, deciderà di intervenire? Il vaso di Pandora sarà scoperchiato, chiedendo conto nel caso si individuassero responsabilità personali nella gestione del Progetto? Staremo a vedere.

 

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Bosch Bari, i sindacati si scannano e la produzione va all’estero

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Da una parte l’rsu dell’Ugl, dall’altra quelle di Fim, Fiom e Uilm, attive nello scambiarsi accuse reciproche l’una con le altre. In mezzo i lavoratori della Bosch di Bari, che non se la passano per niente bene, come abbiamo raccontato più volte, non ultima la lettera di un operaio in cui rivolge critiche durissime proprio ai sindacalisti, definiti bastardi corrotti.

Giovedì scorso, 22 novembre, l’Ugl ha pubblicato un comunicato in cui tra le altre cose scrive: “Dopo la CP3 in Repubblica Ceca, la CP1 in India e la vendita dei freni in Turchia, dopo le dichiarazioni di esubero, salutiamo anche la linea 5 della ZP che viene trasferita in Repubblica Ceca” tutto “mentre la CP 4 non è ancora partita”. “Durante un incontro a Roma qualcuno diceva che nulla sarebbe uscito da Bari finché non fosse arrivato altro. Dov’è quel qualcuno adesso”?

Apriti cielo, a strettissimo giro, meno di 24 ore dopo, è arrivata la replica “a una sigla sindacale che ha 48 ore di esperienza” additata di aver scritto “un insieme di falsità e inesattezze” che dimentica di aver firmato il contestato accordo. Insomma, per iscritto, non se le sono mandate a dire.

“Ribadiamo – si legge sempre nella replica – che le trattative che a tutt’oggi ci vedono coinvolti anche in altre sedi sono aperte e che le discussioni proseguono con costanza, ci spiace se altri non capiscono il gergo sindacale”.

Senza entrare nei dettagli tecnici del botta e risposta, resta il fatto che la situazione dei lavoratori impiegati nello stabilimento barese della Bosch è tutt’altro che semplice. Ma questo è evidentemente un altro discorso.

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Disastro popolare a Palo, alloggio Arca vuoto da febbraio 2017: bitontini assaltano case comunali non assegnate

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“Verificheremo la notizia che ci sta dando e nel caso interverremo prontamente”. Vincenzo Scicutella è l’ingegnere del Comune di Palo del Colle, paese salito agli onori della cronaca per quella che molti hanno ribattezzato “una barzelletta popolare”. La notizia che l’ingegnere deve verificare risale a 18 mesi fa, ma facciamo un passo indietro nei meandri del fitto dedalo di coincidenze – per così dire – che hanno creato alcuni paradossi nell’assegnazione e nella gestione degli alloggi popolari di proprietà dell’Arca e del Comune.

Nel video percorrerete con noi un viaggio assurdo, che in una sola mattina ci ha portato a fare alcune importanti scoperte. Più grave sarebbe se tutto fosse già noto e nessuno abbia deciso di intervenire.

Ad accompagnarci sono Giovanni, Filomena e i loro figli di 16 e 3 anni. Dopo un mese, il prossimo 8 dicembre, la famiglia dovrà lasciare il locale di proprietà di una cooperativa. Immobile dove il comune ha piazzato i Lamacchia in condizioni di emergenza. Giovanni ha presentato ricorso per l’assegnazione di uno dei 18 alloggi comunali in via Basilicata, tutti occupati abusivamente, anche da numerosi bitontini, alcuni dei quali si sono ficcati dentro, salvo poi andare a vivere altrove.

Dovesse essere accettata la domanda dei Lamacchia, la famiglia con lo sfratto esecutivo passerebbe in testa alla graduatoria definitiva. Il guaio vero è che la Commissione provinciale è al lavoro da maggio scorso e non si è ancora espressa. Secondo alcune indiscrezioni, pare che alcuni dei 39 ricorsi sarebbero stati accettati. Non si sa per ora quali siano. Giovanni e Filomena sperano si tratti anche del loro.

Nessuno può dirlo ancora. La tentazione di occupare abusivamente è tanta, ma Giovanni resiste, non vuole violare la legge per perdere un eventuale diritto riacquisito. Il viaggio, poi, ci ha portati in via Sardegna, poco lontano dal nuovo complesso di case comunali. Scopriamo che al numero 10, interno 4, al secondo piano della palazzina c’è una porta in ferro sistemata dall’Arca in seguito a un’occupazione abusiva. Sul campanello c’è scritto ancora il cognome del vecchio inquilino, ma l’alloggio è vuoto.

All’interno non c’è nessuno da febbraio del 2017, da quando l’Arca ha scritto al Comune sulla possibilità di riassegnare quell’alloggio. Da allora non è stato fatto nulla, così come niente si sa dell’appartamento al terzo piano della palazzina D16, sempre in via Sardegna. Non risponde nessuno al citofono e i vicini di casa segnalano che dentro la casa non abitano da almeno 5 anni. Manca una ricognizione sul reale stato degli immobili, mentre alcune famiglie palesi vivono nella disperazione e si spendono soldi per dare loro alcuni mesi di affitto e un contributo per la sussistenza.

Non potranno essere certamente aiutati tutti, ma una migliore gestione del problema avrebbe potuto lenire qualche dramma in più, soprattutto sarebbe stato possibile farlo prima. Meta del percorso tortuoso sono le interviste ad Anna Marsala, responsabile dei servizi sociali e proprio all’ingegner Scicutella, ingegnere comunale di Palo del Colle.

Infine un appello alla Commissione provinciale. Se è vero, come ci dicono, che i ricorsi sono stati esaminati, provvedete a rendere pubblica quanto prima la graduatoria dei 18 alloggi comunali. Così non fosse, accelerate i tempi, tante famiglie aspettano quella graduatoria per tornare ad avere un briciolo di speranza nella vita.

Nota – ci scusiamo, ma per un problema tecnico mancano i primi 24 secondi di audio. Giovanni piangendo ci racconta la sua disperazione.

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Scandalo interinali Arif, la pacchia è finita: Regione Puglia chiede all’agenzia i nomi dei raccomandati

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La nostra inchiesta giornalistica è stata talmente certosina, che alla fine ha dato i suoi frutti sperati dalla maggior parte della popolazione pugliese. Stando a quanto siamo riusciti ad apprendere da fonti regionali, due giorni fa Domenico Ragno, il direttore generale dell’Arif, l’Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali, è stato convocato nella sede della Presidenza.

Al suo ritorno in ufficio si è messo al lavoro e ha prodotto la lettera che potete leggere nella galleria fotografica. Detta in parole povere, il numero uno dell’Arif è stato costretto  – non con un coltello s’intende – a chiedere ai dirigenti i nomi di eventuali figli e parenti assunti come interinali negli ultimi anni.

La Regione Puglia, dalla quale dipende il carrozzone Arif, vuole “un quadro chiaro della situazione riguardo l’argomento e al fine di adottare ogni eventuale accorgimento teso a garantire la trasparenza della gestione amministrativa”. La pacchia dunque potrebbe essere finita, soprattutto nell’emblematico contenitore di raccomandati che è il Progetto Maggiore, giunto a un bivio di trasparenza.

Per fare questo, con la lettera a firma di Ragno: “…Si richiede di comunicare se sussistano eventualmente rapporti di parentela, a qualsiasi titolo, tra il personale interinale utilizzato negli ultimi 2 anni e il personale dipendente dell’Agenzia (a tempo determinato, indeterminato e in distacco, di ogni livello)”. Peccato che la missiva sia indirizzata solo alle cosiddette P.O. (Posizioni Organizzative). Al momento, infatti, non è prevista una corrispondenza tra il direttore generale Ragno, i consiglieri regionali e in ogni caso con tutte le persone che in qualunque modo hanno a che fare con le istituzioni.

Certo, fa riflettere che proprio il direttore generale chieda i nomi dei figli di…, forse dimenticando che all’inizio dell’anno ha deliberato l’assunzione di 10 unità tramite Agenzia interinale, inserendo nel pacchetto la figlia del Sindaco di un comune salentino.

Per stare tranquilli che al Presidente Emiliano non sfugga qualche nome, alleghiamo il primo articolo, quello in cui abbiamo scritto nomi, parentele e rapporti in genere. Siamo del parere che il posto fisso, a maggior ragione negli enti pubblici, bisogna conquistarlo avendo concorso ad armi pari, quelle della conoscenza e della preparazione. La richiesta fatta dalla Regione Puglia tramite il direttore generale va nella direzione giusta.

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Scandalo Arif, “auto blu” a cani e porci: fine delle concessioni. Arriva la lettera con le condizioni anti spreco

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Colpiti e affondati, anche per la storia delle “auto blu” concesse a cani e porci come nel caso delle assunzioni clientelari fra gli interinali. La nostra inchiesta sta continuando a scoperchiare gli insopportabili sprechi nell’Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali.

“Con la presente – è scritto nella missiva firmata dal direttore generale, come se stesse cadendo ora ora dalle nuvole – nelle more dell’adozione di apposito regolamento, si comunica che le cosiddette missioni potranno essere pagate a condizione che vengano utilizzate per svolgere l’attività lavorativa e/o espletare l’incarico affidato, ammissibile con la categoria di appartenenza in un luogo diverso da quello dell’ordinaria sede di servizio; abbiano un carattere di eccezionalità; devono essere adeguatamente motivate; devono essere preventivamente autorizzate dal dirigente di riferimento o da un suo delegato; in sede di liquidazione, il dirigente di riferimento dovrà convalidare il numero dei chilometri percorsi”.

In caso contrario? “In mancanza delle condizioni previste e requisiti fondamentali correlati alla legittima applicazione le missioni non potranno essere più liquidate”. Viene da chiedersi come mai ci sia stato l’ennesimo intervento di buonsenso solo dopo l’intervento di un giornalista e dove fosse finora il direttore generale, Domenico Ragno. Sì, perché secondo quanto ci risulta, a qualcuno dei dipendenti veniva lasciata carta bianca, mentre ad altri le missioni non vengono pagate da mesi.

La cosa paradossale, sulla quale domani ci sarà un vertice coi sindacati, è che a rimanere a bocca asciutta – ovvero senza il pagamento delle missioni da aprile scorso – sono i dipendenti col contratto pubblico, che per esercitare le funzioni assegnategli usano i mezzi propri. Eppure in diversi incontri coi sindacati, più volte è stato rilevato che i dipendenti pubblici di qualsiasi fascia, quando si spostano dalla sede di lavoro per motivi di servizio coi propri mezzi va affidata la missione a 0,25 euro a chilometro. Per il contratto privato, invece, va retribuito sotto forma di percorrenza chilometrica, riconosciuto a un quinto del costo carburante per ogni singolo chilometro.

Ad ogni modo, però, mai si possono attribuire risarcimenti a simpatia e soprattutto non è opportuno avere una flotta di auto sottoutilizzata. Chi paga? Come per gli interinali sarebbe il caso che autorità ben più autorevoli e competenti di noi, per esempio Guardia di Finanza e Corte dei Conti possano fare un calcolo al centesimo su come siano stati gestiti finora il parco auto e i rimborsi. È il caso di dire che il carrozzone regionale, in questo caso è davvero andato avanti da sé, coi le regine i suoi fanti e i lacchè.

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Oerlikon Graziano Bari, bufera sulla Fim Cisl: ricca buonuscita al fratello del segretario provinciale. Assunto il nipote

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Nella lotta della conservazione del lavoro, ma soprattutto di certi privilegi, la credibilità dei sindacati metalmeccanici è ai minimi storici. La cosa che più meraviglia gli operai sono certi comportamenti spregiudicati di alcuni rsu e segretari provinciali. Certo, è sempre sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, e per questo vi raccontiamo una storia che collima con ciò che resta della “morale del lavoro”, ma in questo caso anche con il codice etico che la Cisl si è data in maniera autonoma.

Il protagonista della duplice vicenda è Donato Pascazio, segretario provinciale della Fim Cisl barese. Dopo la chiacchierata assunzione in Magneti Marelli del parente indiretto di Pascazio, che aveva fatto gridare la Cisl al “becero attacco”, le polemiche si spostano di stabilimento. Più precisamente alla Oerlikon Graziano, la vecchia Graziano Trasmissioni.

Il primo tempo del film dell’orrore sindacale, così è stato ribattezzato da qualcuno, riguarda il fratello di Pascazio. Secondo le informazioni in nostro possesso, speranzosi di una smentita documentata, il segretario provinciale avrebbe trattato in maniera personale l’esodo del parente dal reparto PS in cui sarebbe rimasto fino al 31 maggio scorso. Non solo avrebbe permesso l’ottenimento di una liquidazione più corposa rispetto a quella percepita dalle altre decine di operai che hanno accettato la buonuscita, ma la trattativa sarebbe stata condotta direttamente dal sindacalista con il capo del personale a Torino, sede centrale dell’azienda. A differenza del livello barese di tutte le altre trattative. Così fosse, non ci sarebbe nessun illecito, per carità di Dio. Ma la domanda è d’obbligo. È giusto questo comportamento?

Dopo i pop corn siamo alla seconda parte della pellicola. Scavalcando il cosiddetto Bacino, un “contenitore” in cui transitano le assunzioni a tempo determinato e indeterminato a seconda di alcuni criteri come l’anzianità di lavoro effettiva, la maggiore anzianità anagrafica e i carichi familiari, in Oerlikon Graziano è entrato un nipote di Pascazio, in questo caso acquisito, ma pur sempre di parente-conoscente si tratta. Il lavoratore è stato inserito nel reparto ITC mentre contemporaneamente ad altri operai del Bacino, tutti padri di famiglia, è stato detto di perdere le speranze di un’occupazione.

Sui titoli di coda, però, tanti operai hanno iniziato a fare alcune riflessioni. Tutto ciò è avvenuto durante la delicata fase di contrattazione aziendale. Quanto queste situazioni hanno potuto conservare l’indipendenza di Pascazio e della Fim Cisl che rappresenta? Gli iscritti sono a conoscenza di questi particolari? Hanno avuto tutti lo stesso trattamento? Alcuni dubbi sono arrivati a cavallo tra il 26 settembre e il 31 ottobre scorsi. A fine settembre a Bari si è scioperato per la tutela dei lavoratori interinali. La Fim Cisl non ha aderito, mentre il 31 ottobre, quando a Torino si è manifestato per le stesse ragioni, lo stesso sindacato era presente in prima linea. Credibilità e autorevolezza si conquistano a volte con estremo sacrificio, non facendosi tentare dalle scorciatoie.

Crediamo che questo film possa essere un buono spunto per iniziare una seria riflessione sulla coerenza e l’impegno sindacale. Non vorremmo, infatti, che Uilm e Fiom, qualora fossero stati a conoscenza di queste vicende, avessero taciuto per la serie: “Può capitare a tutti, quindi ognuno si lavi i propri panni sporchi”. Abdicare alla denuncia sarebbe la sconfitta più evidente di decenni di lotte sindacali.

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Sprecopoli Arif, stoppate raccomandazioni e auto blu: mandati a quel paese nella sede senza nome

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Non abbiamo trovato né il direttore generale, Domenico Ragno né la dirigente dell’Ufficio Ragioneria, Lucia Littoriano, ma l’intervista con l’onnisciente addetto stampa dell’Arif è stata illuminante.

Beppe Stallone, interinale all’Agenzia per le attività irrigue e forestali della Puglia, è convinto che ci sia bisogno di avere qualcuno alle spalle per farsi venire la voglia di chiarire le dinamiche del più grande carrozzone regionale. Un’agenzia così efficiente da non trovare tempo e soldi per appiccicare un nuovo adesivo col proprio logo all’ingresso del plesso che li ospita alla zona industriale.

L’addetto stampa, oltre a ricordare che ci conosciamo da 20 anni, sottolineando che non apprezza il nostro modo di fare giornalismo, tira fuori due o tre notizie meritevoli di sottolineatura. I raccomandati del Progetto Maggiore il 31 dicembre andranno a casa senza se e senza ma, non potendo così maturare i 36 mesi per l’assunzione diretta. Non solo. A sentire Stallone, Ragno ha scritto la lettera in cui chiede ai dirigenti quali siano figli o parenti di personale Arif assunto come interinale, perché oltre al Progetto Maggiore ci sarebbero altre possibili storture nelle assunzioni.

E, infine, Stallone è convinto che se dovessero essere scoperti, salvo non sapere che l’Agenzia è sprovvista di un regolamento e non conoscere il volto del responsabile dell’Ufficio Ragioneria dell’ente per cui lavora, i furbetti delle auto aziendali pagheranno l’eventuale abuso.

Dal canto nostro, piaccia o non piaccia il nostro giornalismo, torneremo a chiedere conto della gestione della cosa pubblica, linda e pinta per l’addetto stampa, nonostante il suo datore di lavoro abbia scritto senza mezzi termini che le cosiddette missioni se improprie non saranno pagate come successo finora, ipotizzando altresì la presenza di raccomandati tra gli interinali assunti all’Arif.

Le domande che vorremmo porre al dottor Ragno sono tante e speriamo di avere presto la possibilità di fargliele. Saremo assolutamente dettagliati, chiedendo in cambio solo altrettanta precisione. Gli annunci stanno a zero, mentre i presunti abusi potrebbero aver già gravemente pesato sulle casse pubbliche.

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Bari, la febbre del sabato sera. AncheCinema: “Ecco la licenza per 708 posti la sicurezza prima di tutto”

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L’ultima inchiesta del Quotidiano Italiano parte dall’accorato appello di un nutrito gruppo di genitori ai gestori dei locali baresi dopo la tragedia di Corinaldo: “Fateci vedere le licenze per il pubblico spettacolo”.

Abbiamo deciso di sostenere la crociata che intende aprire uno squarcio sui locali baresi dove si balla, anche solo feste private per celebrare una qualsiasi ricorrenza. Da qui il nome dell’inchiesta: “La febbre del sabato sera”. Il primo ad accogliere il nostro invito, con la trasmissione della sua licenza è l’AncheCinema, struttura tra le più nuove della città.

Il caso dell’impresa amministrata da Andrea Costantino è emblematico. Si tratta del vecchio cinema Royal ristrutturato e reso polivalente, quindi in possesso di una serie di licenze, non solo quella del luglio scorso legata al pubblico spettacolo. AncheCinema è autorizzato per una capienza massima per il ballo di 708 posti.

Costantino non si è sottratto alle nostre domande e soprattutto alla pubblicazione dell’autorizzazione. Un bagno per artisti disabili accessibile dal palco, un altro per il pubblico e poi una piattaforma per ospitare 36 carrozzine, uscite di sicurezza e un capiente serbatoio dotato di idranti per riuscire a governare le prime fasi di un eventuale incendio. Sono solo alcune delle prescrizioni che ha dovuto soddisfare l’AncheCinema, mai così stringenti in nessun altro locale della città.

Insieme all’Amministrazione comunale, Costantino sta inoltre pensando di modificare l’ingresso dal lato del sottovia Quintino Sella: marciapiede rialzato, con ringhiera che esorti la fuga lungo il marciapiedi e non in mezzo alla strada. In questo caso si può certamente dire che la sicurezza viene prima di tutto.

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Tragedia in discoteca, la CNA risponde all’appello: “Ecco i locali che hanno la licenza”

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A una settimana dai fatti drammatici accaduti alla Lanterna Azzurra di Corinaldo, dopo il nostro appello a spalancare le porte e mostrare le licenze lanciato ai gestori dei locali baresi, parla la CNA Bari Pubblico Spettacolo, e lo fa in maniera perentoria, sciorinando i nomi degli iscritti e con le carte in regola: “I locali associati a CNA muniti di licenza sono Anche Cinema, Corte di Torre Longa, New Circole di Di Palma, Night&Day, Nylaia, Mulata, Morico Ricevimenti, Nord Wind, Sharivari, 12.03, Villa Rotondo, Villa De Grecis, Villa Romanazzi”.

“Oltre a feste e attività ludiche in luoghi improvvisati e non a norma – afferma Pasquale Dioguardi Presidente CNA Bari Pubblico Spettacolo – per fortuna c’è chi opera nella legalità e nel rispetto delle normative sulla pubblica sicurezza, rispettando cosi il diritto a divertirsi dei giovanissimi e delle loro famiglie ad essere sereni e consapevoli di aver lascito i ragazzi e le ragazze in buone mani. Fate frequentare ai vostri figli solo locali sicuri e in regola con licenze e autorizzazioni, basta informarsi. In città ce ne sono”.

La nota del Presidente di CNA Bari Pubblico Spettacolo, naturalmente, non pone fine al nostro appello, se ci sono altri gestori di locali non associati desiderosi di mostrarci le autorizzazioni, saremo ben lieti di dare loro tutto lo spazio necessario. Non è certo una caccia alle streghe, la nostra, anzi.

“Siamo disponibili come associazione ad aiutare chi vuole mettersi in regola con le normative vigenti – sostiene Antonella Gernone, responsabile Organizzazione CNA Area metropolitana di Bari – mi riferisco ai gestori di tanti locali notturni, sale ricevimenti, per ristorazione, etc. Bisogna rispettare le disposizioni vigenti adeguandosi con autorizzazioni e licenze, per la tutela dei minorenni che sono i maggiori frequentatori di feste e serate danzanti, soprattutto in concomitanza con il Fine anno”.

Tra gli associati a CNA Bari Pubblico Spettacolo, ricordano dall’associazione, ci sono molti locali noti ai più giovani che hanno ottenuto in questi anni le licenze oggetto di attenta e meticolosa disamina da parte della Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo del Comune di Bari, che rilascia le autorizzazioni per spettacoli e ballo a chi dimostra di avere il locale a norma di legge (in base al Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.).

“Purtroppo ci sono molti locali che mettono a rischio la pubblica sicurezza – conclude Dioguardi – ma per fortuna ce ne sono tantissimi altri che rispettano e tutelano i tanti ragazzi che li frequentano e le loro famiglie. La CNA è dalla loro parte e annuncia per la prossima primavera una Campagna Informativa nelle scuole superiori baresi per informare i più giovani su come divertirsi in sicurezza, perché solo i locali autorizzati, che rispettano le normative vigenti e in cui lavora personale qualificato possono offrire divertimento e sicurezza a tutti”.

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Caos all’Arif, presunta distrazione di fondi e transazioni sospette: sindacati in rivolta vogliono rimozione di Ragno

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Presunta distrazione di fondi già approvati e quindi vincolati. Si tratta di quelli destinati al pagamento dei premi di produzione ai dipendenti pubblici, ma anche quelli col contratto privatistico. Nell’occhio del ciclone sono finite alcune transazioni per avanzamenti di carriera e mansioni superiori.

Un’altra patata rovente si abbatte tra le mani del direttore generale dell’Arif, Domenico Ragno. Tra i sindacati c’è un grande fermento e pare sia in atto una mobilitazione per organizzare un presidio fuori dalla sede centrale, in via Corigliano. L’obiettivo è quello di raccogliere firme per chiedere al presidente Emiliano l’allontanamento di Ragno dalla direzione dell’Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali.

Dove sono finiti quei soldi? E chi, fosse confermata la grave ipotesi, li ha distratti? Per questo la Cisl starebbe effettuando un accesso agli atti, in modo da comprendere cosa sia realmente successo e coinvolgere tutte le sigle nella crociata anti Ragno. Ma facciamo un passo indietro. In ballo c’è il rinnovo de contratto Cirl (privati) e Cid (pubblico). Lo scenario è il mancato riconoscimento dei premi al pubblico, al contrario di quanto successo nel comparto privatistico. Ai dipendenti non sono stati riconosciuti i premi di produzione degli anni 2015, 16 e 17. Complessivamente mancherebbero all’appello 1,2 milioni di euro.

Per la Funzione Pubblica si vuole rinnovare il fondo del premio, ma solo per il 2018, come se gli anni precedenti non esistessero. Nell’incontro, tenutosi in Presidenza con i sindacati della Funzione Pubblica, il consigliere di Emiliano, Domenico De Santis, aveva preso l’impegno di provvedere affinché Ragno preparasse l’atto, in modo da liquidare i premi di produzione legati al passato, come da contratto integrativo provinciale.

Per ben tre volte l’Arif è stata invitata in tribunale da Cgil e Uil, che hanno provveduto a denunciare il direttore generale per comportamento anti sindacale. Dopo un paio di promesse da marinaio, però, Ragno sembra aver scaricato la questione sul capo del personale, Ugo Galli. La sorpresa arriva nell’ultima riunione. Galli, stando a quanto siamo riusciti ad apprendere, avrebbe dichiarato il diverso utilizzo dei fondi destinati al premio di produzione.

La Cisl è intenzionata ad andare fino in fondo e dopo aver ottenuto gli atti starebbe preparando la trasmissione degli stessi alla Corte dei Conti e alla Procura. Non solo. Tra le domande che in tanti si pongono, ce n’è una che abbiamo fatto anche noi più volte: con quale criterio diversi operai oggi si trovano a ricoprire posti di impiegati col sesto livello e per di più essendo stretti collaboratori di Ragno? Il clima è pesantissimo, tanto che si pensa all’istituzione di un Comitato per la legalità all’interno dell’Arif.

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Parentopoli, auto blu e sparizione premi Arif: capo del personale ci fa braccare e scappa

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L’imbarazzante incursione nella sede Arif in via Corigliano ha cambiato le carte in tavola. Non siamo più graditi e la guardia giurata all’ingresso della struttura regionale che ospita anche l’Agenzia per le attività irrigue e forestali ce lo ha fatto capire a modo suo. Mani addosso e sulla telecamera per non permetterci di entrare e porre alcune sacrosante domande sulla discutibile gestione dell’ente pubblico. Ai piu distratti, infatti, ricordiamo che si stratta di soldi di tutti i cittadini pugliesi.

Sulle orme del direttore generale, Domenico Ragno, anche il capo del personale, Ugo Galli, rifiuta di essere intervistato. L’avvocato salutandoci con la mano se n’è scappato alla guida della sua auto mente la solita guardia ci braccava. Per fortuna qualcuno si è fermato a rispondere ad alcune domande, al contrario dei loro “capi”.

A Galli avremmo voluto chiedere che fine avessero fatto i soldi dei premi destinati al personale relativi agli anni 2015, 2016 e 2017 e ancora di tradurci l’incomprensibile lettera inviata ai sindacati; chi paga l’uso improprio delle auto pubbliche stoppato con una circolare dal direttore generale oppure a che punto fosse la scure sulla parentopoli nella folta platea di interinali usati dal carrozzone.

Avremmo voluto conoscere il contenuto del verbale elevato agli operai sprovvisti di dispositivi di protezione individuale nei cantieri della Foresta Umbra. Insomma, domande da fare ne abbiamo parecchie. Peccato, un’altra occasione sprecata in malo modo per dimostrare che davvero all’Arif è tutto lindo e Pinto, come assicuratoci dall’addetto stampa nel corso dell’ultima incursione.

Buon Natale, certi che almeno la promessa di non rinnovare i contratti del Progetto Maggiore venga mantenuta. Con l’anno nuovo, poi, torneremo in un modo o nell’altro a porre le nostre domande.

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I furbetti del sabato sera, genitori baresi alla Polizia Locale: “Andate a ballare controllate licenze e sicurezza”

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Blitz della Polizia Locale alla festa del 23 dicembre con presunto eccessivo sbigliettamento al Palaghiaccio. La notizia ha fatto il giro della rete, pur non essendo state confermate irregolarità e sanzioni. Ciò che non si era ancora saputo è quanto accaduto la sera di Natale, sempre al Palaghiaccio. La Polizia amministrativa ha presidiato l’evento, per verificare se fossero rispettate le capienze come previsto dalle licenze, facendo tra l’altro spostare la festa da una struttura all’altra.

E che dire dei balli organizzati spesso in locali sprovvisti della licenza per il pubblico spettacolo? Il 23 dicembre si cantato e ballato anche Fix It, con Liga 2.0. Adoro! Nel senso che ieri, sempre al Fix It, è andato in scena il riuscitissimo friendly party. Il giorno di Natale, invece, tanto per essere pignoli, la Siae è piombata all’AncheCinema su segnalazione, non riuscendo a trovare nulla per cui fosse necessario sanzionare.

Non sappiamo che esito abbia avuto l’incursione allo Sheraton, dove si è tenuto il concerto omaggio al maestro Morricone. “Mai vista tanta gente sul palco e in platea – è stato segnalato con video postato su facebook – in tanti non sono riusciti ad entrare nonostante biglietto in prevendita e così è stata chiamata la Polizia”.

Dopo la richiesta che un gruppo di genitori baresi aveva rivolto attraverso il nostro giornale, i gestori iscritti alla CNA in un moto d’orgoglio avevano scritto una nota stampa. In estrema sintesi: “Abbiamo tutti le licenze”. Anche alla luce degli ultimi episodi, l’attenzione sul settore deve essere sempre alta affinché il dramma di Ancona non sia stata l’ennesima tragedia senza senso all’italiana.

Oggi, 27 dicembre, dalle 22 Lorenzo Kruger è live al Garagesound. Domani è tempo di SubW5way al Couch Club. Si canta, ma soprattutto si balla, perché quando senti la musiva non puoi trattenere il ritmo o inchiodarti al pavimento. Ci sono le autorizzazioni per il pubblico spettacolo? La domanda è sempre quella e la poniamo indipendentemente da eventuali sbigliettamenti, consumazioni più o meno obbligatorie, o cene con spettacolo. In alcuni dei locai si entra ed esce dallo stesso ingresso. Figuriamoci come possano ottenere la licenza. Nessuno la chiede da oltre due anni, così la Commissione competente si riunisce per occuparsi d’altro.

Lo stesso gruppo di genitori preoccupati questa volta rivolge il suo appello alla Polizia Locale: “Concerti e serate sono pubblicizzate a dovere sulle pagine facebook dei locali – dicono – perché non mandate qualche agente in ogni luogo dove si pubblicizza divertimento in modo da rendervi conto di quanto siano sicure quelle feste?”. Niente di personale, s’intende. Così facendo non capiterà più di andare in un locale del centro dove notoriamente si balla – fatto realmente accaduto – senza riuscire a verbalizzare nulla perché non si trovato nessuno impegnato neppure nel muovere parte del bacino, una gamba o una mezza anca.

 

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I furbetti baresi del sabato sera, solo controlli agli autorizzati. Donati: “Questo è un problema che abbiamo”

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“La sicurezza prima di tutto”. Parola di Ida Curci, dirigente comunale e segretario della Commissione Pubblico Spettacolo del Comune di Bari. Abbiamo provato per le vie brevi a sapere con esattezza quali siano i locali baresi in possesso della licenza per il pubblico spettacolo e quindi autorizzati a far ballare. Dagli uffici competenti del Comune di Bari siamo stati invitati ad utilizzare gli strumenti previsti dalla legge per l’accesso agli atti. Lo faremo, ma la questione è dunque rimandata a dopo i bagordi e quindi ai balli di Capodanno.

Avremmo voluto dare una mano agli enti preposti al controllo, in modo da non “costringerli” a controllare i peli nell’uovo alle sole alle strutture autorizzate. “È un problema che abbiamo quello del controllo ai soli locali autorizzati”, dice laconicamente Stefano Doanati, dirigente della Ripartizione alle Attività economiche, ex comandante della Polizia Locale e presidente della Commissione in questione. Nel frattempo i furbetti del sabato sera, tanto per esemplificare, perché in città si balla il martedì, il venerdì o quando si riesce a mettere in piedi una serata, continuano ad organizzare eventi senza la benché minima licenza.

Ricordiamo che l’ultima autorizzazione per il ballo rilasciata dalla Commissione per il Pubblico Spettacolo, è quella dell’AncheCinema, l’estate scorsa. Da oltre due anni nessun altro ha chiesto l’intervento della Commissione. Non vogliamo che la tragedia di Ancona passi sottogamba e per questo cercheremo di far rispettare una legge tanto abusata, non come quella sull’accesso agli atti.

Ballare in locali senza uscite di sicurezza e con all’interno un numero spropositato di persone per un facile guadagno, nella maggior parte dei casi a nero per gli organizzatori, riteniamo sia una pratica criminale che andrebbe fermata ad ogni costo.

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“Contributi culturali agli amici senza titoli”, attore barese schifato scrive alla Guardia di Finanza

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Nei giorni scorsi è stata pubblicata la graduatoria degli aventi diritto al contributo comunale per le attività culturali del 2018. La questione, di cui ci siamo già occupati in maniera superficiale, sta diventando spinosa. Secondo alcune indiscrezioni su cui stiamo lavorando,  in quella graduatoria ci sarebbero diverse realtà “abusive”, sprovviste di una propria produzione, compagnie senza agibilità, associazioni macchiate da altre vistose anomalie.

Eppure, il Comune, ente che dovrebbe controllare, concederebbe i finanziamenti senza andare troppo per il sottile. Quei 418mila euro destinati a destra e a manca sono una manna dal cielo in questo periodo. Ne vivo del nostro lavoro di indagine giornalistica, ci scrive un attore barese, si definisce schifato dal sistema.

Abbiamo deciso di pubblicare la sua lettera, seppure senza nomi (comunque riportati), perché scriveremo tutto nel nostro pezzo conclusivo, quello in cui chiederemo all’assessore alle Culture, Silvio Maselli, al sindaco Antonio Decaro e al direttore del settore di competenza, se conoscono il risultato della nostra inchiesta o se avranno voglia di rispondere ad alcune domande legittime.

Già l’anno scorso gli scontenti si erano detti pronti a fare “casino”, poi rientrato per la promessa di migliorare l’erogazione dei fondi fatta dall’Amministrazione comunale. A quanto pare non sembra essere cambiato nulla.

LA LETTERA DELL’ATTORE BARESE SCHIFATO ALLA GUARDIA DI FINANZA

Sono un attore barese e faccio teatro da oltre 40 anni. Faccio spettacoli presso il mio teatro e mi sento di informarvi di quanto accade, ogni anno, presso l’assessorato alle Culture del Comune di Bari. Dal sito del Comune di Bari, leggo l’elenco dei beneficiari al contributo della cultura e spettacolo, per le attività svolte nell’anno 2018. 

È da alcuni anni che io non faccio domanda e non partecipo al bando che prevede la concessione dei contributi per le attività culturali, perché il tutto è basato sulla falsità e il favoritismo riservato agli amici. Il bando prevede la domanda per la richiesta del contributo. Puntualmente vengono accettati i soliti amici del direttore e principalmente dell’assessore. Ai beneficiari viene assegnato un punteggio, inserendo gli amici tra i primi e quindi con un punteggio più alto per riscuotere più soldi. Gli amici favoriti sono notoriamente quelli che non fanno spettacolo con proprie produzioni.

Uno di questi XXX fa spettacolo sotto la produzione di terzi, venendo retribuito da questi. A questo punto mi chiedo: Quale documentazione di spesa presenterà per la rendicontazione? Cos’ha speso? Spese per buste paga, spese per Siae, spese di teatro. E per fare spettacolo ha chiesto regolare agibilità all’Ufficio per le Attività Economiche del Comune di Bari? È evidente che saranno solo carte false, che verranno accettate perché amici degli amici e/o di un politico regionale.

Il vomito mi viene quando apprendo che è stata inserita fra i beneficiari la compagnia XXX, sconosciuta ai baresi perché a Bari non ha effettuato spettacoli. Il titolare si vanta di essere amico di un politico barese e avere un ottimo legame con l’assessore alle Culture. Si vanta, poi, di poter favorire ed interessarsi presso gli stessi. La compagnia non esegue attività culturale a favore dei cittadini. Per la rendicontazione che presenterà, utilizza carte false con borderò Siae, indicando l’esecuzione di spettacoli presso teatri (all’insaputa dei titolari degli stessi) o addirittura presso i suoi uffici. I laboratori teatrali che segue, vengono fatti solo a pagamento da parte del partecipante e non prevede alcuna spesa, ma solo utile. E si chiede il contributo.

Si potrebbe fare un elenco lunghissimo dei beneficiari che non hanno le attività per le quali si chiederanno le documentazioni per poter liquidare. Le richieste per agibilità presso ufficio attività economiche ci sono? Se mancano devono essere immediatamente eliminate dal contributo. Direttore, assessore, impiegati, questo lo verificate? Forse un controllo della Finanza, che ci legge in copia, sarebbe opportuno.

Il Comune dovrebbe eliminare questo contributo e destinarlo ad attività più serie. Alcuni cittadini vivono nella miseria, hanno figli con malattie serie, ma non hanno i soldi per curarli. Io non chiedo il contributo perché la mia è un’attività teatrale che prevede spese e incassi per coprirle. Gli incassi mi coprono il fitto, la luce, il personale e tutto quanto necessario perché possa tirare avanti. Se la mia attività, paragonabile a un’attività commerciale, si trovasse in passivo, la chiudo, come chiudono i negozi. Non è concepibile presentare domanda al Comune per avere soldi della perdita contabile (falsa!).

Restiamo come ovvio a disposizione di chiunque si senta tirato in ballo per la pubblicazione di precisazioni e chiarimenti documentati.

L'articolo “Contributi culturali agli amici senza titoli”, attore barese schifato scrive alla Guardia di Finanza sembra essere il primo su Edizione di BARI - Il quotidiano italiano.

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